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di Bertrand Blier, con Anouk Grinberg, Gerard Lanvin
(Francia, 1995)
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Tra gli interpreti anche il giovane Olivier Martinez |
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"L'errore, a proposito di puttane, è di considerare che sono sempre picchiate, sfruttate, schiavizzate senza possibilità di uscita. Falso, io ne conosco di perfettamente felici della loro condizione, che per niente al mondo vorrebbero cambiare mestiere.(...)" Sono i propositi alquanto discutibili, di un regista oltretutto celebre per la propria misoginia. Ma, dopo tutto, sostenibili: purché inseriti in un contesto conseguente, in una dimostrazione logica, in un universo poetico delirante che riesca a trascendere il tutto. Purtroppo MON HOMME non è né logico né poetico: e proprio perché insopportabilmente dimostrativo. Blier - come usa dai tempi di NOTRE HISTOIRE (1983) cerca una specie di distanziazione brechtiana: quella con gli attori che si rivolgono al pubblico, quella che cerca di evitare la convenzione della tradizione teatrale per un altro ordine di distacco, altrettanto convenzionale. Attraverso questo cerca di convincere lo spettatore (per es. introducendo dei "teatrini" all'interno dei quali appaiono alcune celebri guest-star del cinema francese secondo un procedimento non inedito) che il destino di Marie sia altamente invidiabile, dapprima. Poi - quando la conduce a fare dei figli, che secondo Blier rimane il solo vero ruolo della donna - che sia difficilmente mutabile in un'altra condizione sociale: secondo una visione marxista manicheistica, altrettanto faticosa di quella misogina. Rimane l'universo poetico, che l'autore cerca di ricreare in studio, con toni ed atmosfere che ricordano talora quelle usate - con risultati di ben altra soavità - da Jacques Demy.
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Il film in Internet (Google)
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Per informazioni o commenti:
info@films*TOGLIEREQUESTO*elezione.ch
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capolavoro
da vedere assolutamente
da vedere
da vedere eventualmente
da evitare
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